Ikonospace, gallerie virtuali di design chiavi in mano
Gusto fotorealistico, uno stile da rivista d’arredamento patinata e prezzi interessanti. Questi sono i punti di forza di Ikonospace, una delle realtà più originali e interessanti nel mondo delle gallerie virtuali. Al minimalismo spinto Ikonospace preferisce un approccio da interior designer: le gallerie, che si visitano utilizzando il mouse e i tasti del computer, sono disponibili in varie versioni, da quella più classica, tutta bianca, a quella di gusto zen, con pareti in legno scuro e parquet.
Joris Demnard, il giovane CEO di Ikonospace, che ha avviato la società nel 2015, ha anche pensato di diversificare l’offerta, offrendo gallerie virtuali chiavi in mano già pronte (da 280 euro in su), gallerie personalizzabili, e gallerie in realtà virtuale da visitare con il visore. Gli abbiamo chiesto di raccontarci le sue strategie e i progetti futuri.
Avete puntato sull’idea di gallerie di design, molto rifinite nei particolari. Si è rivelata una scelta vincente?
Sicuramente. Molti nostri clienti, grandi gallerie e musei, erano interessati al discorso delle gallerie virtuali, ma volevano modelli 3D più fotorealistici. Allora, usando la piattaforma di Kunstmatrix, di cui siamo consulenti, abbiamo iniziato a fare delle gallerie che rispondessero alle esigenze di questi committenti. Si tratta di gallerie su misura, che costano qualche migliaio di euro. Allo stesso tempo, volevamo proporre gallerie di uno standard elevato anche a chi non può permettersi di fare quel tipo di investimento. Così dall’estate del 2020 abbiamo iniziato a proporre anche delle gallerie “template”, che sono eleganti e diversificate senza costare grosse cifre.
C’è molta richiesta per queste gallerie?
Dopo la pandemia la richiesta è aumentata notevolmente. Ci hanno interpellato molte gallerie che prima non avrebbero pensato di optare per una soluzione di questo tipo. Dall’inizio della pandemia, la richiesta è decuplicata e non è più scesa.
I vostri clienti sono perlopiù galleristi?
Per quanto riguarda le gallerie personalizzate sì, gallerie e musei, ma anche università. Invece le gallerie template le chiedono molti artisti e associazioni.
Oggi nelle gallerie virtuali prevale un’idea di semplicità. In futuro si andrà verso una grafica più elaborata?
Già adesso noi facciamo gallerie molto fotorealistiche, proponiamo il massimo che si può fare sul web. I videogames possono essere installati sui computer e offrire quindi una performance più alta. Basti pensare a tutto ciò che riguarda i riflessi, che è molto pesante come esecuzione ed è difficile da realizzare in una galleria virtuale su internet.
Le vostre gallerie virtuali si visitano anche con il visore?
Non quelle che realizziamo con la piattaforma di Kunstmatrix. Ma facciamo anche esperienze di realtà virtuale con i musei: in quel caso c’è una maggiore libertà, più interazione, si è più vicini alla realtà. Però la realtà virtuale del visore non è ancora così diffusa.
State lavorando a nuovi contenuti multimediali per le vostre gallerie?
Ci pensiamo costantemente, ma i contenuti sono sempre legati a un progetto specifico, non ce n’è uno uguale a un altro. Ogni artista, ogni museo vuole raccontare la propria storia e non è possibile creare uno strumento multimediale che vada bene per tutti. E se si vuole una soluzione ad hoc, i costi sono assai più elevati. Tra l’altro, anche Kunstmatrix sta aggiungendo molte opzioni multimediali alle proprie gallerie. A partire da quest’anno ci saranno degli stream video.
Il virtuale perde sempre nella partita col reale?
Non cerchiamo di sostituirci alle gallerie vere. Però offriamo agli artisti un altro modo di essere scoperti dal pubblico più rapidamente. Inoltre la presenza sul web aiuta anche i musei veri: il Metropolitan di New York e il Rijksmuseum di Amsterdam, quando hanno messo online le loro collezioni, hanno venduto più biglietti, perché la gente, dopo aver visto le collezioni su internet, aveva voglia di vederle dal vero. Il virtuale e internet sono da considerare come complementi. Inoltre molti musei, come il Louvre, che ha il 95% delle collezioni nei suoi depositi, potrebbero mostrare tutti gli oggetti nascosti. Lo stesso vale per i proprietari di collezioni private, che ovviamente non possono aprire a tutti le loro case. E’ un modo per democratizzare l’arte e mostrare ciò che è celato nel mondo fisico.
Siete stati contattati da collezionisti importanti?
Abbiamo collaborato per importanti musei e collezioni in realtà virtuale, come la dslcollection di Dominique e Sylvain Levy.
In genere si tratta di gallerie virtuali che ospitano collezioni di dipinti?
Sì, soprattutto quadri. Digitalizzare un quadro o una foto è facile, ma è molto più complicato realizzare un oggetto, una scultura o un’installazione, anche se possiamo farlo. Ogni scultura richiede una particolare capacità di realizzazione, ogni volta ci vogliono tecniche differenti di fotogrammetria o scan 3D.
Quali sono i vostri obiettivi futuri?
Per ora ci occupiamo soprattutto del web, ma il mostro obiettivo sono la realtà virtuale e la realtà aumentata. E’ in quei casi che c’è una forte immersività, ma per avere una buona qualità bisogna aspettare ancora. Ci vorranno 3 o 4 anni. E allora si arriverà a usare abitualmente gli occhiali per la realtà aumentata. In quel momento ci sarà una svolta: si avrà l’idea di essere fisicamente nel virtuale e di portare il virtuale nei luoghi fisici. Il mondo della cultura, che è sempre stato un po’ in ritardo con la tecnologia, con queste nuove risorse diveneterà uno dei settori più interessanti.