Gianpiero Moioli: le gallerie virtuali complemento, non alternativa a quelle vere
Architetto e scultore, Gianpiero Moioli insegna Scultura e Architettura virtuale all’Accademia di Belle Arti di Brera. Da anni ricerca attivamente nuove forme per integrare l’arte realizzata nella realtà e quella proposta negli ambiti virtuali. Su questi temi ha dato vita nel 2008, insieme a Stefania Albertini, al Brera Academy Virtual Lab, il laboratorio di scultura e architettura virtuale dell’Accademia di Belle Arti di Brera. Ha discusso di tali argomenti in conferenze internazionali, tra cui Médias numériques: 2D, 3D et mondes virtuels pour une conception et une représentation partagée, Laboratorio per lo sviluppo di tecniche di realizzazione di media digitali, di animazione 2D e rappresentazione scenica condivisa e interattiva nei mondi virtuali. LIC – Les Images Croisées, Provincia di Pavia, Municipalité de Grenoble, e Blender Crash Course, Laboratory for Solid State Physics, Department of Physics, ETH Zurich. Campus Honggerberg, Eidgenössische Technische Hochschule Zürich.
Nel mondo dell’arte come vengono percepite le gallerie virtuali? Sono considerate una valida alternativa a quelle vere? Attualmente, anche con l’uso delle migliori tecnologie “immersive”, non credo che sia possibile considerare le gallerie virtuali come una alternativa a quelle reali e non mi sembra che, nell’immediato, possano sostituire queste ultime. Infatti ci sono già diversi spazi virtuali che ospitano gallerie e musei ma, a mio parere, non esiste attualmente un sistema che possa ancora rimpiazzare definitivamente le gallerie reali.
Però gallerie e musei virtuali sicuramente prenderanno presto piede: saranno un completamento ed una estensione di quelle reali e non una alternativa. Molto presto una parte di contenuti delle gallerie reali verrà virtualizzato e portato online, soprattutto per scopi didattici, conoscitivi e divulgativi. Anzi, sta già succedendo adesso. Io penso che le gallerie virtuali debbano coesistere con quelle reali. Questo, a maggior ragione, vale nel caso dei musei, i cui spazi spesso sono limitati e i cui direttori sono costretti a lasciare molte opere nei depositi. È il caso anche della Pinacoteca di Brera, nei cui spazi espositivi non possono essere esposte contemporaneamente tutte le opere delle diverse collezioni. La Pinacoteca, per esempio, possiede due versioni di Ofelia di Arturo Martini, delle quali solo una è attualmente esposta: una splendida scultura di terracotta refrattaria del 1935 di quasi due metri. L’altra, un rilievo di gesso del 1922, viene conservata nei depositi e, forse anche a causa della sua fragilità, non è esposta al pubblico e dunque non è visibile. Il gesso infatti è un materiale notoriamente poco resistente; per cui alcuni musei, per salvaguardare le opere, preferiscono non tenerle esposte nella collezione permanente. È il caso di circa 75 opere in gesso di Giacometti possedute dal Kunsthaus di Zurigo ed esposte solo occasionalmente in mostre temporanee proprio a causa della loro fragilità. Affiancando spazi digitali accessibili tramite visori 3D a quelli reali, i musei potrebbero rendere disponibili le copie virtuali di tutte le opere, esibendo sia quelle già esposte nella realtà che quelle conservate nei depositi. In questo modo ogni museo o galleria potrebbe esporre permanentemente le proprie collezioni dando a tutti gli interessati una idea chiara e precisa dell’intera collezione conservata, e mantenendo le opere esposte e fruibili in ogni momento dai visitatori. Le opere reali sicuramente rimarranno esposte negli spazi di queste istituzioni ma potranno essere “fruite virtualmente” senza che i visitatori stessi debbano necessariamente recarsi nelle sale del museo. Nel caso delle due Ofelie di Martini, per esempio, si potrebbero fare le scansioni 3D delle due opere ed esporle a confronto in un museo virtuale. Questo potrebbe aiutare i visitatori a capire tante cose e potrebbe migliorare la comprensione dell’evoluzione della scultura di Martini in un decennio fondamentale del suo percorso artistico.
Che cosa manca a una galleria virtuale per essere veramente efficace?
Naturalmente una galleria virtuale potrà sostituire completamente quella reale solo nel caso di opere realizzate appositamente per essere esposte in spazi virtuali. Invece nel caso di opere tradizionali, o di pezzi unici, a mio parere, per quanto si possa realizzare una scansione tridimensionale ad alta definizione dell’opera non si può comunque prescindere dall’esposizione dell’originale. Però rimane valido il saggio del 1935 L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, di Walter Benjamin nel quale il filosofo afferma che l’opera d’arte -nell’epoca della sua riproducibilità tecnica appunto- va verso la “perdita dell’aura”. Con ciò facendo intendere che l’opera d’arte viene fruita sempre meno direttamente, mentre viene sempre più divulgata la riproduzione dell’opera stessa. E la riproduzione viene fruita anche e soprattutto con l’assenza fisica dell’originale.
In questo saggio l’autore sembra voler sostenere che, nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, l’opera d’arte possa essere fruita in modo diverso, non più esclusivo e regolato dalla sua unicità ma in modo più massificato, trasformandosi in bene di consumo di massa. Si apre in questo modo quindi sicuramente il discorso su musei e gallerie virtuali, anche se Benjamin non poteva prevedere in quale direzione sarebbe andata l’evoluzione della tecnologia. Questo discorso però è molto complesso e con molte sfaccettature. Infatti, alla fine ci si potrebbe chiedere: “Qual è l’opera originale?”. Per esempio, nel caso della scultura, le opere in bronzo sono quasi sempre calchi dell’originale. Infatti, l’artista nel momento della creazione non lavora direttamente il bronzo ma crea con il gesso o con la terracotta prima i bozzetti e poi l’opera originale sulla quale poi viene fatto un calco. Per ottenere una scultura di bronzo è poi necessario un procedimento tecnico artigianale piuttosto complesso che prevede molti passaggi e che quindi allontana l’opera finale -l’opera in bronzo- dalla prima realizzazione fatta dall’artista -l’originale in argilla o in gesso-.
Per cui, è vero che il bronzo è stato realizzato con la supervisione dell’artista ma non direttamente con le sue mani. Per cui qual è il vero originale? Infatti, il cosiddetto “pezzo unico” in bronzo secondo gli esperti può essere di otto, nove, addirittura dodici esemplari. In alcuni casi si arriva a parlare di “originale prodotto in serie” come era solito fare Rodin, che autorizzava facilmente la riproduzione delle sue opere. Per cui tutto questo discorso sembra ampiamente aprire il campo anche ad una possibilità di creazione e fruizione “virtuale” dell’opera. Mi sembra che lo stesso succeda nel campo musicale, infatti, nel caso di un concerto, le opere originali sono sempre una riproduzione da parte di strumentisti sempre diversi.
Oppure addirittura registrazioni.
Come dovrebbe essere una galleria virtuale tipo?
Una galleria o museo virtuale dovrebbe essere prima di tutto uno spazio di discussione e di approfondimento della conoscenza delle opere, un luogo didattico e divulgativo. Penso a questi spazi come a luoghi per far conoscere le opere in modo più approfondito, per dare contenuti aggiuntivi, in un certo senso “narrativi”; penso a luoghi per creare associazioni di idee e per confrontare le opere fra loro. Aggiungendo contenuti narrativi alle opere d’arte si “aprirebbero mondi” inesplorati come quelli descritti da Heidegger nel suo L’origine dell’opera d’arte. Mondi che, fino ad ora sono stati frequentati solo da poche persone in modo approfondito.
Con la creazione di musei virtuali si potrebbero collegare direttamente i contenuti dell’opera, le vicende dell’artista, e i luoghi, alla presenza -anche se virtuale- dell’opera stessa. Si permetterebbe così una maggiore comprensione delle opere da parte di chi non è un addetto ai lavori ma vuole approfondire le proprie conoscenze artistiche. Non penso tanto alla forma fisica che dovranno avere questi luoghi. Penso che le architetture virtuali possano ricollegarsi agli spazi fisici già esistenti ma non necessariamente riprodurli alla lettera. Anzi, gli spazi virtuali non hanno limiti, per cui possono sopperire in molti casi all’assenza di spazi reali e possono dare la possibilità di esporre opere nascoste. Penso anche a tutti i piccoli ma importantissimi musei dispersi in tutta Italia la cui fruizione è quasi sempre legata al territorio e che potrebbero invece avere una diffusione nazionale ed internazionale tramite gli spazi virtuali. L’Accademia di Belle Arti di Brera già dal 2010 ha avviato una sperimentazione di progettazione ed esposizione condivisa on-line all’interno di un’isola di Second Life e di diversi spazi su Craft World OpenSim, dando vita al laboratorio di progettazione interattiva “Brera Academy virtual lab”, documentato nell’omonimo libro curato da Mario Gerosa e da me ed edito da Franco Angeli nel 2010. Già dieci anni fa Philippe Starck, nella prefazione al volume, scriveva: “(…) Finalement, on nous dit, et ça parait plus juste, que rien n’existe et que nous vivons tous une sorte de psychose collective. Ne pouvant apercevoir qu’une des infinies possibilités de chaque geste issu des mathématiques quantiques…”. Per concludere poi che “La réalité peut-étre, ayant fait un tour complet, n’en deviendra que plus vraie? Pourquoi pas. Quelle importance? L’important est que notre réalité n’en soit que plus poétique.” Chi ha provato ad usare un visore 3D per le realtà aumentate sa a quale realismo si possa arrivare e sa che si può anche perdere il senso della realtà. Tutto ciò potrebbe avere dei riscontri negativi, però perché non utilizzare questi strumenti per migliorare l’insegnamento e l’apprendimento e per aiutare i nostri studenti ad ampliare le loro conoscenze e le loro capacità progettuali?
Bisogna adottare metodologie differenti per gallerie virtuali e musei virtuali?
Le funzioni e le metodologie da adottare per musei e gallerie virtuali sono più o meno le stesse.
Il museo però, essendo una Istituzione pubblica e uno spazio sociale, ha sicuramente anche possibilità didattiche e divulgative importanti. Sarebbe molto interessante utilizzare gli spazi virtuali dei musei come ambienti didattici specifici per le Università d’arte e per le Accademie. L’Accademia di Brera, dove insegno, potrebbe essere un ottimo esempio. Il Palazzo di Brera è il Palazzo delle scienze e delle arti, uno storico edificio milanese nel quale viene fondata nel 1776 l’Accademia di Belle Arti. Agli inizi del 1800 nascono le gallerie dell’Accademia come spazi didattici per l’Accademia stessa. Per cui ci sarebbe già un fondamento storico nel pensare anche ad un uso didattico per l’Accademia degli spazi virtuali con le opere della Pinacoteca. Una ulteriore estensione di questo concetto di museo virtuale potrebbe comprendere anche una idea che ho in mente da qualche anno. Ovvero potrebbe implementare un sistema di certificazione interno ai mondi virtuali con l’uso delle blockchain. Questo articolo spiega bene l’importanza che un sistema di questo tipo potrebbe avere nel campo della certificazione delle opere d’arte.
Il visore è necessario o se ne può fare a meno?
Credo che il visore 3D sia assolutamente necessario per avere una fruizione delle opere nel modo più immersivo possibile. Utilizzando questo strumento infatti abbiamo la sensazione di vivere gli spazi quasi come se vi fossimo realmente presenti. Per cui ogni spazio ed ogni oggetto ci appaiono in modo molto realistico dandoci una forte sensazione. Inoltre, possono essere aggiunti suoni e contenuti visivi che nella realtà sono più difficili da ottenere e che rendono l’esperienza ancora più coinvolgente, permettendo di aggiungere contenuti come musiche, commenti, ecc. Purtuttavia è importante che musei e mondi virtuali siano accessibili anche in modo più semplice, con il computer o addirittura con il cellulare o con il tablet. In questo modo possiamo ottenere il maggiore coinvolgimento degli utilizzatori e puntare ad una diffusione ampia degli spazi creati.
In futuro quale modello risulterà vincente? Mondi virtuali o gallerie virtuali stand alone da visitare da soli?
Per essere considerati parte della nostra vita i modi virtuali devono diventare spazi sociali e questo può succedere soltanto se diventano più facilmente accessibili. Per cui credo proprio che un museo ed una galleria virtuale abbiano senso soltanto all’interno di un mondo virtuale già esistente.
Quali piattaforme e motori grafici sono più adatti per gallerie e musei virtuali? E quali mondi virtuali?
Le migliori piattaforme tridimensionali a mio parere attualmente sono Second Life, Project Sansar, Sinespace e Neos VR Metaverse. Second Life è tuttora la realtà virtuale più popolata e più conosciuta e può contenere una quantità limitata di avatar. È il mondo digitale storico per eccellenza e quello attualmente più stabile e sicuro. Ha un suo pubblico fisso che lo abita da molti anni e lo tiene vivo. Sansar invece è più recente. È stato sviluppato dai Linden Lab, che sono anche gli attuali proprietari di Second Life. È stato pensato soprattutto per le realtà virtuali e per le nuove tecnologie immersive e funziona perfettamente con i visori 3D permettendo la massima immersività e la massima interattività. Le possibilità di interagire con gli altri avatar e con gli oggetti sono eccezionali e la qualità grafica degli ambienti e degli oggetti è altamente realistica e talmente immersiva che a volte ci si dimentica anche della realtà. Questo mondo ha però ancora molte limitazioni causate dell’elevata richiesta di risorse necessarie per poterlo utilizzare efficientemente. Inoltre, anche il numero degli avatar/utenti che possono essere contemporaneamente presenti in un “luogo” è ancora piuttosto limitato. Sansar ha da poco cambiato proprietario ed il nuovo proprietario, Wookey Project, sta cominciando ad investire sugli eventi di musica online. Infatti, come dichiarato sul sito della societa’, i componenti di Wookey Project sono “futurists, technologists and trail-blazers, working to create a new generation of virtual experiences. We’re bringing together some of the world’s most exciting verticals at the intersection of entertainment, music, AR, VR and mobile, and we are deploying the capital today’s visionaries need in order to become tomorrow’s leaders.” E sul sito si conclude affermando: “You dream it, we build it.” Si tratta di una affermazione non lontana da quella fatta a suo tempo da Walt Disney: “If you can dream it, you can do it”. Sinespace invece sembra essere la piattaforma più promettente anche se è ancora in via di sviluppo ma è quella che sembra garantire una maggiore flessibilità nel futuro sia per le possibilità di utilizzo su tutti i dispositivi sia per il gran numero di utenti in contemporanea che può supportare. Infine Neos VR Metaverse -short for neo spatium, or new space- “is a highly collaborative virtual and augmented reality world.” Permette la fruizione e la creazione condivisa di spazi e oggetti per mezzo dell’uso dei visori 3D. Contiene anche un interessantissimo visual programming system basato su un sistema nodale per programmare intuitivamente interconnettendo i diversi nodi che contengono diversi tipi di algoritmi per fare varie operazioni e calcoli.