Patrick Moya, un artista nei mondi virtuali
Patrick Moya, uno dei protagonisti della celebre Ecole de Nice, è uno degli artisti più attivi nella sperimentazione con i nuovi media. Performer, scultore e artista digitale, in Second Life ha creato un enorme territorio a tema ricco di implicazioni concettuali, che comprende tra l’altro una guida turistica, come quelle del mondo vero. Instancabile sperimentatore, sempre all’avanguardia, Moya ha presentato la sua idea di civilizzazione legata all’immaginario artistico nella mostra Rinascimento virtuale, ha elaborato una serie di teorie legate allo sviluppo della televisione per l’arte e si prodiga generosamente per divulgare le potenzialità delle nuove tecnologie, dei mondi virtuali, e delle nuove forme espressive. Attualmente è in programma la mostra “La télé de Moya”, allestita dall’Artistique di Nizza. Per il momento l’esposizione si può visitare nella sua versione virtuale su Second Life, poi dal 15 dicembre potrebbe essere possibile vederla anche dal vero.
Quale modello prevarrà per le gallerie virtuali? Pensi che per programmare mostre sul web verranno scelti mondi virtuali o gallerie e musei da visitare in autonomia, con o senza visore?
Penso che i musei reali preferiranno i modelli stand-alone perché è più comodo per loro. Da più di dieci anni i mondi virtuali si rendono immediatamente disponibili e hanno il vantaggio di essere più economici da implementare, tuttavia in quegli ambiti non è stato praticato nulla, o solo sotto l’impulso dell’artista. I mondi virtuali stessi inventano la propria musealità indipendentemente dalle strutture reali.
E’ un dato di fatto che l’opera d’arte in presenza è più forte. Cosa può fare una galleria virtuale per competere con gli spazi reali?
Si tratta di un’idea abbastanza preconcetta, perché dall’inizio del XX secolo l’influenza della diffusione di immagini d’arte permette di conoscere e amare un’opera senza averne mai vista una nella vita reale. Inoltre una branca dell’arte contemporanea considera l’informazione sull’opera come una delle sue parti essenziali.
Per competere è sufficiente che ciò che si sperimenta nel mondo virtuale non sia trasponibile nel mondo reale – questo non significa non assomigliare alla realtà ma piuttosto offrire un’esperienza unica. Sulle mie isole virtuali, la visita guidata in macchina o in mini nave insieme a me rende l’esperienza impossibile altrove.
Nei musei che hai realizzato in Second Life ci sono anche architetture che cambiano a seconda dell’umore del visitatore? Hai mai pensato a spazi che cambiano suoni e colori in base allo stato d’animo?
Certo, è una speranza poter raggiungere questo obiettivo, ma a condizione che siano disponibili sensori che trasmettono queste informazioni. Nell’attesa, quando realizzo una visita guidata mi adeguo al visitatore e il corso o il ritmo non è mai lo stesso a seconda di quello che immagino a partire dal suo umore o dai suoi gusti.
Per il momento si vedono per lo più gallerie virtuali piuttosto minimaliste. In futuro saranno più simili ai videogiochi di nuova generazione?
Si cerca di imitare il white cube dei grandi musei reali per valorizzare l’opera, e ciò talvolta è utile. Ma non dobbiamo dimenticare che se i musei influenzano il modo di virtualizzare l’arte, questo processo in futuro sarà invertito e presto sarà il gioco che influenzerà il museo. I mondi virtuali daranno il tono all’arte. Alcuni modelli che ho preparato nel mondo virtuale hanno influenzato le mie mostre reali: ad esempio l’architettura degli interni del Radium Art Center in Corea.
mostra di Moya alla Reggia di Caserta (versione virtuale)
Come immagini una galleria virtuale tra cinque anni?
Non sono sicuro che continueremo a notare una connessione tra i musei e le gallerie reali e tutto ciò di artistico artistico che viene realizzato nei giochi. Saranno i musei che imiteranno i giochi. Come ha detto McLuhan, per un po’ cerchiamo di far fare ai nuovi media il lavoro di quelli vecchi, poi la forza dei nuovi media prende il sopravvento. Penso quindi che non si parlerà di gallerie o musei virtuali, ma che nasceranno nuovi concept.
Quando crei una mostra delle tue opere nel mondo reale, la costruisci anche nel virtuale?
Da tredici anni a questa parte, ogni mia mostra è prima pensata in un modello virtuale del luogo nel mio studio di Second Life. Prima facevo modelli in cartone. Poi, sempre all’interno del mondo virtuale, preparo l’allestimento della mostra, da solo, o con il curatore o la curatrice. Questo mi permette di vedere la mostra in 3D. Le mie ultime due mostre in Italia, al Palazzo Ducale di Mantova e alla Reggia di Caserta, sono state preparate in questo modo. Ancor prima che le opere fossero arrivate sul posto, avevamo già girato un video della visita alla mostra per la stampa. In seguito la mostra rimane allestita su un’isola virtuale speciale, in modo che possa essere vista anche quando non è più in programma nel mondo reale.
Burning Man su Second Life
Hai fatto un importante lavoro in mondi virtuali come Second Life. Hai anche sperimentato motori grafici come Unity o Unreal?
Cerco di entrare in tutti i mondi possibili ma purtroppo non riesco a star dietro a tutto. Ho un mio spazio su Vrchat preparato su Unity, sono presente su Roblox, su Sansar e anche su diverse Open sim e ho provato Minecraft. Ho sperimentato pure diversi mondi che sono scomparsi, come il cinese HiPiHi o Cloud Party.
Credo che l’artista del futuro debba riscoprire l’universale e poter continuare a lavorare oltre la propria vita attraverso il suo avatar. Sogno di essere una civiltà tutta mia. E sogno di vivere e creare dove si presta grande attenzione all’arte e dove si sta sempre di più nelle reti e nei mondi virtuali.
mostra di Moya alla Reggia di Caserta (versione virtuale)